play_arrow

keyboard_arrow_right

Listeners:

Top listeners:

skip_previous play_arrow skip_next
00:00 00:00
chevron_left
volume_up
chevron_left
  • play_arrow

    DJ International The Official Radio of Dance Music

Economia

S&P: “Tassi alti ancora lungo, ma in Europa sarà soft landing”. E l’Italia fa +0,6%

today11 Gennaio 2024 7

Sfondo
share close

Per l’agenzia di rating, niente tagli da Fed e Bce prima di giugno. Ma la recessione si allontana. Intanto Roma cresce più di Berlino. Merito di banche e aziende con outlook migliori. Incognita Pnrr sul futuro

I tassi alti sono qui per restare. Poco importa, infatti, se il mercato scommette su un taglio imminente del costo del denaro da parte delle banche centrali: Fed e Bce non si muoveranno dagli attuali livelli almeno fino a giugno e per rivedere l’inflazione al 2% bisognerà aspettare almeno due anni. È l’ultima fotografia dell’economia globale da S&P Global Ratings, che vede il 2024 come l’inizio di nuova stagione caratterizzata da stagnazione anziché recessione ma con condizioni di finanziamento sempre più restrittive per le imprese. Un contesto nel quale l’Italia dovrebbe però riuscire a crescere più di altri Paesi, specie della Germania, facendo leva soprattutto su banche solide e aziende meglio posizione in termini di outlook.

Nonostante questo quadro, cui si aggiunge la previsione di un rallentamento al +2,8% dell’economia globale entro la fine del 2024, il capo-economista Emea Sylvain Broyer ha confermato che lo scenario di soft landing dovrebbe concretizzarsi sia negli Stati Uniti sia nell’Eurozona. Secondo i calcoli dell’agenzia, se gli Usa cresceranno del 2,4% e dell’1,5%, il tasso di sviluppo del Vecchio Continente toccherà infatti lo 0,6% e lo 0,8% negli stessi intervalli temporali. Un risultato, quello prospettato per il blocco comunitario soprattutto nell’anno a venire, che scaturirà da tre fattori: la risalita dei salari reali, la tenuta del mercato occupazionale e un livello dei prezzi (misurato tramite il core price index) in calo dal 7,3% fino al 2% del 2025. Senza dimenticare l’ossigeno proveniente dai tagli dei tassi, che avverranno più tardi del previsto ma con buona probabilità saranno tre.

Italia sopra la media europea. Ma tutto passa dal Pnrr

Caso particolare quello dell’Italia, per la quale Broyer prevede un anno di transizione. La sua convinzione è che il Paese possa continuare a fare meglio della Germania, anche se marginalmente rispetto all’anno scorso, registrando un tasso di crescita pari allo 0,7% nel 2023, allo 0,6% nel 2024 e all’1,2% nel 2025. Ma il concretizzarsi di queste prospettive dipenderà “in misura cruciale” dalla capacità del governo di aumentare gli investimenti pubblici sia per compensare il rallentamento di quelli privati nel breve termine sia per contrastare la scarsa produttività e l’invecchiamento della forza lavoro su orizzonti temporali più ampi. “L’attuazione del Pnrr è stata lenta, con un quarto delle risorse disponibili effettivamente impiegate nel 2021 e 2022”, ha chiarito l’esperto. Che anche aggiunto: “Per poter utilizzare tutti i fondi, Roma deve spendere lo 0,6%-0,7% del Pil all’anno fino al 2026”. Si tratta di un obiettivo ambizioso, specie se si considera che i tassi di assorbimento dei fondi europei Roma sono storicamente inferiori al 40% e che per il 2024 la Commissione Ue ha previsto un aumento degli investimenti pubblici nazionali dello 0,5% della produzione”.

Secondo Broyer, a restare indietro rispetto alla media dell’Eurozona sarà invece il reddito disponibile, che pure è visto in crescita nel 2024. Quanto al debito pubblico, l’indicazione è infine che il rendimento del Btp decennale si attesti sul 4,7% (100 punti base in più di oggi) con uno spread verso il Bund tedesco stabile.

Banche solide e outlook privati stabili le armi in più
Mirko Sanna, direttore Financial Services S&P Global Ratings
Mirko Sanna, direttore Financial Services S&P Global Ratings

A favorire il nostro Paese nel suo percorso di riassestamento dopo tre anni di shock sarà soprattutto il sistema bancario. Mirko Sanna, director financial Institutions di S&P Global Ratings, lo ha infatti descritto come un comparto “forte e ben equipaggiato per affrontare scenari avversi”, sottolineando il risultato di aver portato “ai minimi storici” il livello di crediti deteriorati in pancia agli istituti. E, anche se non si può escludere qualche aumento del tasso di deterioramento sia in vista, l’esperto pare convinto si tratti di un fenomeno dall’entità non superiore allo 0,7%-0,8%. Senza contare che, almeno fino al 2025, gli istituti continueranno a beneficiare di garanzie statali sui prestiti per 200 miliardi di euro e di un margine di interesse superiore del 50% a quello registrato durante la pandemia.

Renato Panichi, senior director della divisione Corporate Ratings, ha dipinto un quadro simile per il merito di credito delle aziende tricolore. “Nella distribuzione dei rating domestici non ci sono stati molti cambiamenti dal 2022, mentre le aspettative per il 2024 vedono una percentuale di outlook stabili superiore all’80% e outlook negativi inferiori alle media europea”, ha detto. I margini sono cresciuti perché le imprese “hanno trasferito i maggiori costi ai clienti finali e questo ha generato aumento in valore assoluto dell’ebitda”, ha spiegato. Per poi aggiungere: “Gli investimenti sono visti in rallentamento ma il ciclo rimane di espansione”.

Scritto da: Mariangel Delgado

Rate it

Articolo precedente

Politica

Torna Draghi (che non farà il nonno)

«Voglio fare il nonno». È il mantra che molto spesso Mario Draghi, ex premier ed ex numero uno di Banlitalia e Bce, ripete ai suoi interlocutori e collaboratori. La sua attitudine da civil servant impone di portare a termine il rapporto sulla competitività dell’industria europea di cui è stato incaricato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma, una volta stilato il report, tornerà silenziosamente al suo buen […]

today11 Gennaio 2024 16

Commenti post (0)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con *


0%