A tale proposito, è opportuno fare il punto sull’epidemia di obesità, una delle patologie che contraddistingue l’uomo medio occidentale. Capire se i cambiamenti nella composizione del microbioma e la conseguente disbiosi stanno contribuendo al recente aumento dei numeri dell’obesità è un argomento, oggi, di grande interesse. Lauren Fiechtner, direttrice del Center for Feeding and Nutrition presso l’MGHfC, e la sua collega Elsie Taveras, capo della Division of General Academic Pediatrics presso l’MGHfC, stanno lavorando sulla complessa eziologia dell’obesità infantile esaminando la questione da vari punti di vista, tra cui quello sociale, economico e macroambientale.
«La recente attenzione della Fiechtner sul microbioma rappresenta un allontanamento da questa ampia prospettiva per studiare il ruolo del microbioma in relazione all’obesità nei primi 1.000 giorni di vita – spiega Fasano – Sta diventando sempre più evidente che i fattori che mettono in moto il rischio di sviluppare l’obesità sembrano essere presenti già nelle primissime fasi della vita».
Per comprendere quali meccanismi sono coinvolti nello sviluppo dell’obesità nella prima infanzia, Fiechtner e colleghi hanno progettato uno studio longitudinale sul microbioma. Hanno raccolto dei campioni da una potenziale coorte di bambini per studiare le differenze nei microrganismi intestinali tra quei bambini che svilupperanno l’obesità e quelli che invece non la svilupperanno.
A seguito di queste evidenze, manipolare la composizione e la funzione del microbioma potrebbe rappresentare un significativo obiettivo di intervento di sanità pubblica, con la possibilità di cambiare radicalmente il panorama dell’epidemia dell’obesità.
E qui, entra in gioco la presa di responsabilità dell’educazione alimentare e riguardo all’alimentazione globalizzata. Una delle domande critiche in questo puzzle riguardante la salute pubblica infatti è: quale ruolo gioca la qualità rispetto alla quantità di cibo nell’apporto calorico e nell’impatto nutrizionale sulla composizione del microbioma nei bambini con obesità? Alimenti altamente trasformati e “fast food” o “junk food” favoriscono l’assunzione ipercalorica e aumentano il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, obesità e cancro.
«Non dobbiamo dimenticare, infatti, che l’obesità è una malattia infiammatoria. In qualità di esperta di nutrizione e di fattori sociali associati all’obesità, la Fiechtner può fornire numerose informazioni sugli interventi nutrizionali – continua Fasano – Questi includono l’incremento della qualità del cibo per un migliore risultato metabolico e, potenzialmente, la manipolazione della composizione e della funzione del microbioma per rallentare efficacemente, se non addirittura arrestare, l’epidemia di obesità.
Ma, prima, occorre comprendere l’impatto degli interventi nutrizionali sul microbioma e il suo profilo metabolico in termini di bilancio calorico. Una volta che troveremo anche quel pezzo del puzzle, il risultato degli studi longitudinali, come quello che Fiechtner e Taveras stanno conducendo, potrebbe aiutare a personalizzare meglio la nutrizione per manipolare il microbioma e curare così l’obesità».
Cosa dobbiamo mangiare allora?
«Sarò diretto ma efficace, utilizzando una metafora semplice: il nostro corpo è una Ferrari e noi alimentandoci con il junk food, stiamo scegliendo della benzina di scarsissima qualità. Questo prima o poi rovina il motore e inceppa tutto il meccanismo – commenta Fasano – Ecco che è fondamentale tornare a nutrirci in modo semplice e naturale, secondo il regime della dieta mediterranea: un elevato apporto di frutta e verdura, olio d’oliva, tuberi e noci con uno scarso introito di proteine animali è ciò che ci consente di essere più longevi.
Una volta questa era la dieta delle famiglie povere: ricordo quando ero un ragazzino nel Cilento, la mia famiglia era di umile estrazione e così potevamo permetterci la carne una volta al mese. Ora si è ribaltato il paradigma, ed ecco il paradosso della società globalizzata: oggi a paragone costa di più la frutta e verdura della carne e soprattutto per via della condizione di povertà dilagante, si vive anche in uno stato di insicurezza alimentare, con famiglie che non riescono ad assicurare quotidianamente il pane sulla tavola. Dobbiamo prendere coscienza, e anche in fretta, che ci stiamo autodistruggendo e che il microbioma mangia ciò che mangiamo noi: se noi mangiamo in modo non salutare, allora anche la nostra salute ne risentirà.
E non solo, mi permetto di fare un discorso ancora più ampio, perché non possiamo essere così ciechi dal non vedere e non comprendere che siamo tutti interconnessi: il nostro sistema di benessere e di salute è in rotta di collisione verso la bancarotta. Non essendo più sostenibile, se non torniamo ad avere cura di Madre Terra, ci condanneremo all’estinzione.
Torniamo a rispettarla, a rispettare i suoi tempi, ad adattare i nostri a questa lentezza che fa rima con consapevolezza, a scegliere di alimentarci con ciò che ci offre, senza pretendere di più. La salute è una nostra responsabilità: curando la nostra, ispireremo chi ci sta vicino a fare lo stesso, in una catena virtuosa di benessere. Costa meno prevenire che curare».
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